Baita, in Tribunale, ha alzato il tiro, dicendo quella che solo in apparenza è una ovvietà. Gli intrecci del sistema creato da Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, dalle società che vi facevano parte e da Baita era tutt’altro che locale. Non poteva esserlo. Per reggersi, per non essere smascherato sul nascere, non poteva che avere una copertura nazionale.
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L'angolo di ROL
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su quel malaffare sembra da tempo calato il disinteresse dell’opinione pubblica. Quasi che la razzia di denaro pubblico per un’opera che sta costando alla collettività qualcosa come 5 miliardi e mezzo di euro (e non è ancora conclusa) fosse una questione locale. Ora le parole di Baita riportano all’attenzione il tema di una regia centrale o perlomeno di una grande distrazione istituzionale, che ha consentito al cancro di crescere attorno a un’opera come il Mose e dentro l’elargizione di denaro pubblico.
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Originariamente inviato da picc Visualizza il messaggioStrelizia ma qual era?
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I tre sono accusati in concorso di aver posto in essere operazioni societarie e commerciali volte ad attribuire fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di quote societarie, beni e altre utilità, di fatto riconducibili a Raffaele Vrenna, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali. I fatti risalgono al 2008 quando l'imprenditore venne coinvolto nella inchiesta della Dda "Puma" e decise di ricorrere al trust per la sua holding affidandone la gestione a Tricoli, all'epoca procuratore a Crotone.
Per la Dda di Catanzaro però quella scelta sarebbe stata finalizzata a eludere eventuali misure patrimoniali antimafia. Si tornerà in aula davanti al gup Pietro Carè il 16 novembre.
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